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Padre Pio

GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

Mercoledi 26 Novembre 2003

 

Il vasetto greco, recuperato da Festa e appartenuto a Padre Pio, sarebbe passato prima per le mani di San Pietro, poi per quelle di San Francesco. Si evincerebbe da una lettera inedita, resa nota oggi dal nipote del medico Giorgio Festa che nel 1919 fu inviato dalla Santa Sede ad indagare sulle stimmate del Santo

ROMA - Padre Pio possedeva il sacro Graal, la coppa dell’ultima cena di Gesù con i discepoli, dove dopo la crocifissione sarebbe stato raccolto il sangue di Gesù. Non ci sono dubbi per Alberto Festa, nipote del medico del frate, lo nega padre Florio Tessari, postulatore della causa di canonizzazione di padre Pio, secondo il quale anche il vicepostulatore di padre Pio, padre Gerardo Di Flumeri, non condividerebbe l’autenticità della lettera ed il significato del vaso. In una lettera inedita di Padre Pio, resa nota oggi dal nipote del medico Giorgio Festa che nel 1919 fu inviato dalla Santa Sede ad indagare sulle stimmate del santo di Pietralcina, il frate con le stimmate scrive che il vasetto greco, recuperato da Festa e appartenuto a Padre Pio, sarebbe passato prima per le mani di san Pietro, poi per quelle di San Francesco. Un passaggio decisivo, che induce Festa a non escludere che si possa trattare del Sacro Graal. Ma padre Tessari invita alla cautela e nega all’oggetto un «significato reale». Il «segreto» di Padre Pio, presentato stamani a Palazzo Cherubini, sarebbe contenuto in una lettera, scritta dal santo poco prima di morire, a frate Cristoforo da Vico del Gargano. In essa, la cui autenticità è stata confermata dal perito grafologo Antonio Bravo, si legge: «A Padre Cristoforo da Vico del Gargano affido i resti di umili segreti a me donati da cristiani fedeli(...). Ti lascio il piccolo Vaso greco dell’Apostolo Pietro in me Segreto perchè Dono di Dio a mio padre e testimone della immensa luce. Custodiscilo per i poveri di fede». Il «padre», a cui si accenna, sarebbe, anche secondo il postulatore, San Francesco a cui Padre Pio era legato da grande devozione. Nella lettera, che è una sorta di testamento, si parla anche di altri due oggetti, una ciotola e una lucerna, che Padre Pio affida ad altre persone care e attualmente starebbero uno in America e l’altro in Giappone. Secondo padre Tessari «non c’è alcun dubbio sull’autenticità degli oggetti, che sono stati periziati, ma non hanno un significato reale e materiale. Sono un simbolo di spiritualità». In particolare, spiega, «il vaso risale ai tempi di Gesù e Pietro potrebbe averlo toccato. Fu probabilmente prelevato da alcuni scavi in Terra Santa e portato in dono a Padre Pio da fedeli cristiani. Ma è sempre un piccolo vasetto che non deve diventare un feticcio». Il postulatore mette in guardia da «inopportuni ritorni al medioevo» e, benchè precisi che «potrebbe esserci un rapporto particolare con l’ultima Cena», aggiunge che «gli oggetti sono comunque da interpretare come un rimando alle scene del Vangelo vissute nel cuore da Padre Pio». In sintesi si tratterebbe di «simboli spirituali» privi di «valore materiale», o meglio «frammenti di umanità e spiritualità» di Padre Pio. Meno incerto Alberto Festa, da anni impegnato nella ricostruzione del lavoro svolto dal prozio divenuto amico e confidente del santo. «Conosco solo un oggetto che possa essere definito testimone della immensa luce, come scritto nella lettera, ed è il sacro Graal», conclude.

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